All’Università degli Studi di Perugia l’incontro con il giornalista e scrittore Giovanni Dozzini
Da sempre gli esseri umani si muovono e più precisamente, sono nati da molteplici migrazioni; e anche le genti più sedentarie hanno percepito nel viaggio qualcosa di più che un semplice spostamento fisico e materiale. Da sempre la letteratura è scrittura di un viaggio, reale o metaforico, e la lettura un viaggio dentro e fuori di sé, oltre i confini di tempo e spazio.
Di viaggio, migrazione, speranze e letteratura abbiamo parlato ieri con Giovanni Dozzini, giornalista, traduttore e autore di “E Baboucar guidava la fila” (minimumfax2018), finalista all’European Union Prize for Literature 2019.
L’incontro, tenutosi presso il Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione dell’Università degli Studi di Perugia e che ha visto la partecipazione degli studenti del corso di Filosofia Teoretica e del Prof. Marco Moschini, è stato realizzato nell’ambito del progetto “Giovani Nuovi Narratori e attori della cooperazione allo sviluppo”, finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) e coordinato da OXFAM Italia, in partenariato con FELCOS Umbria e una rete di partner nazionali.
La storia da cui siamo partiti per affrontare il tema delle migrazioni e che Giovanni Dozzini narra nel suo romanzo è un itinerario nel presente, una favola senza morale in cui i giovani protagonisti sono animati dal desiderio potente, in alcuni casi affatto armonico e ragionato, di libertà (non importa se messa in pericolo, è comunque libertà) e di un’esistenza migliore, degna di essere vissuta.
Baboucar, Ousman, Yaya e Robert sono quattro richiedenti asilo arrivati in Italia dopo avere attraversato l’Africa e il Mediterraneo. Quattro amici che un fine settimana decidono di prendere un treno che da Perugia li porterà verso la spiaggia di Falconara Marittima. Il viaggio narra gli incontri, le ossessioni e il rapporto di ognuno con la lingua italiana.
È stato un confronto vivace e netto soprattutto su quello che avviene dopo le traversate, la ricerca di una normalità inafferrabile e conseguente ogni approdo, le paure, i desideri, la rabbia, le nostalgie. Un confronto in cui abbiamo provato a identificare la figura del “migrante” al di fuori dal confine rassicurante di vittima degna di soccorso caritatevole, capace di suscitare ben altro rispetto alle reazioni paternalistiche che si degnano di fare concessioni, tracciando allo stesso tempo confini ben precisi, o addirittura reazioni di aperta avversione e di odio xenofobo.
La partecipazione interessata degli studenti all’iniziativa e la presenza del giovane autore Giovanni Dozzini ci dicono che questo è oggi il terreno principale su cui alimentare una nuova, costante e necessaria educazione antifascista tra le generazioni.